150 anni di storia, di passione, di emozioni.
150 come i secondi che scandivano ogni mio esercizio con la squadra nazionale.
C’è storia dappertutto, nei palazzetti, nelle foto, nei ricordi di tutti noi, sia di chi quella storia l’ha fatta, sia di chi l’ha vista o raccontata.
C’è un grande senso di appartenenza verso quello scudetto per me. Quando ero piccola e guardavo le gare in tv vedevo le ginnaste della squadra nazionale e pensavo non fossero reali. Oltre alla loro bravura ero affascinata dalla grinta con cui affrontavano le gare: io che avevo paura a fare il mio esercizio con la palla al campionato regionale allieve, non avrei mai potuto entrare cosi spavalda a un campionato del mondo o addirittura alle Olimpiadi.
E invece non è cosi, quel grande senso di responsabilità in realtà è uno stimolo enorme e ti accompagna durante il percorso, dandoti una costante spinta a non mollare la presa.
Vestire la maglia azzurra comporta una serie di responsabilità: verso te stessa, in primo luogo, verso la squadra, gli allenatori, tutti coloro che lavorano per te compresa la famiglia e gli affetti, la Federazione di appartenenza, il corpo militare e il comitato Olimpico.
E poi c’è un’altra grossa responsabilità, quella verso le persone che ti ammirano e ti ritengono un esempio. Il fatto è che noi ginnaste diventiamo idoli molto giovani, senza avere il tempo di capire cosa significhi, senza renderci conto che centinaia di bambine osservano quello che fai e che dici e fanno il tifo per te, dedicandoti il loro tempo e i loro pensieri.
Questo è un aspetto meraviglioso dello sport, il poter trasmettere e avere credibilità nei confronti dei giovanissimi è un mezzo di comunicazione potente che elimina tante barriere sociali e permette di condividere qualcosa di puro e genuino come la passione e l’impegno verso la disciplina sportiva.
La cosa che mi affascina dell’appartenere a una nazione è che tutti gli atleti sono fieri della loro provenienza. Lo spirito di grande orgoglio verso il proprio Paese e, allo stesso tempo, di fratellanza verso gli altri, è tipico soprattutto dell’Olimpiade e penso possa essere un esempio mondiale di pace e convivenza fra diverse culture ed etnie.
Non importa se il tuo paese è grande o piccolo, povero o ricco: tu lo rappresenti e questo è tutto ciò che conta.
Non ricordo una sola gara dove avrei voluto indossare una maglia diversa da quella italiana. Per me la Federazione Ginnastica rappresenta un luogo non fisico dove so di poter sempre andare, una casa e una famiglia che mi ha cresciuta e che tutt’ora mi accompagna. C’è e ci sarà sempre, cosi come la passione smisurata verso la ritmica.