Correva l’anno 1991. Ed era la città di Atene, a ospitare la quindicesima edizione dei Campionati del Mondo di ginnastica ritmica. All’epoca non esistevano internet, né tantomeno smartphone e tablet. Per essere aggiornati sull’andamento delle gare, occorreva piazzarsi davanti alla tv – spesso in differita nel cuore della notte – consultare il Televideo o un qualunque giornale di programmi tv e… Sperare! Sperare che l’emittente deputata a trasmettere uno sport come la ginnastica ritmica, all’epoca ancora poco conosciuta nel nostro Paese, rispettasse il palinsesto. E non mandasse in onda un film qualunque, ignorando che ci fosse qualcuno davanti al teleschermo, ad orari improbabili, in attesa. E fu così anche per quel Campionato del Mondo: stessa attesa, ma ripagata dalla visione delle finali, a tarda notte (forse intorno alle 3) dalla pedana del “Peace and Friendship Stadium”, dove la giovane Samantha Ferrari, appena diciassettenne, era riuscita a entrare nelle finali al cerchio e alle clavette.
Samantha e quella medaglia entrata nella storia
Samantha Ferrari, classe 1973, ha iniziato a praticare la ginnastica ritmica all’età di dieci anni, presso la società Muggiò ’75, alle porte di Monza, in Brianza; all’epoca una fra le realtà più blasonate d’Italia. Tre volte Campionessa italiana assoluta, finalista ai Campionati d’Europa e finalista ai Giochi olimpici di Barcellona, nel 1992. Samantha è entrata nella storia per essere stata l’unica ginnasta individualista, nella ritmica, a vincere una medaglia in un Campionato del Mondo: Atene, appunto, dove conquistò il bronzo alle clavette e si vide proiettata, quasi inconsapevolmente, sul terzo gradino del podio accanto a mostri sacri come la sovietica Alexandra Timoschenko (oro a Barcellona 1992) e la bulgara Mila Marinova. Mai nessuna atleta azzurra era riuscita a raggiungere un obiettivo così prestigioso. Un bronzo che, a distanza di ventisei anni, rimane ancora imbattuto. Unico.
Samantha e la grande passione per la ritmica
Nel 1991, l’attuale Direttrice Tecnica Marina Piazza aveva da poco intrapreso la carriera di giudice internazionale, dopo essere stata per anni l’allenatrice responsabile delle individualiste azzurre. Le abbiamo chiesto di raccontarci l’impresa di Samantha. Ed ecco le sue parole:
Samantha irruppe sulla scena italiana fino allora dominata da Giulia Staccioli, sinonimo di espressività e artisticità, con la forza esecutiva dei suoi esercizi, essenziali nella loro costruzione, ma di alto livello tecnico, realizzati con una precisione impressionante, che tenevano gli spettatori con il fiato sospeso fino alla fine. Era una ginnasta carismatica, che interpretava le sue composizioni con una nuova espressività corporea, ottenuta attraverso un lavoro continuo fatto di ripetizioni e di rifiniture che rendevano il suo gesto elegante anche nei passaggi di grande impegno muscolare. L’applicazione costante è stata la chiave dei risultati ottenuti che hanno raggiunto l’apice con il bronzo di specialità ai Mondiali di Atene, risultato mai raggiunto da nessun’altra ginnasta. La sua grandezza è stata anche nella sua semplicità , mai primadonna, pur essendo la campionessa italiana di quegli anni, dolce di carattere fuori palestra quanto determinata e grintosa in pedana. La ricordo in particolare nell’anno delle Olimpiadi di Seoul ’88, da cui rimase fuori per un infortunio accadutole nel mese precedente, e da cui si riprese riprendendo il cammino verso i giochi successivi, quelli di Barcellona. Ultimamente ho avuto il piacere di rivederla donna e mamma appagata, incontrandola alle diverse manifestazioni di Ritmica al PalaDesio e nel salutarci, colgo sul suo viso la gioia per avere vissuto in pieno la passione per la Ritmica, accantonando i momenti più difficili che anche Samantha ha dovuto passare.
L’allenatrice Monguzzi: “Grazie, Samy!”
Di seguito, invece, il ricordo di chi ha seguito Samantha durante tutta la carriera agonistica: la sua allenatrice Lorena Confalonieri Monguzzi
Segnalata da una giovane allenatrice che la intercetta nei corsi base, un (bellissimo) giorno arriva all’allenamento delle agoniste una brunetta sveglia e tostissima. Dieci anni, più o meno, lo sguardo determinato e intelligente, il fisico normolineo, asciutto, muscolosetto. Si chiama Samantha Ferrari, viene da Taccona (una piccola frazione del già piccolo paese di Muggiò) dove abita con mamma Giulietta (una roccia di donna, tenace perché paziente), il papà e il fratello, Daniele. Dice che vuole fare ginnastica ritmica, perché le piace. La mamma dice che la fa anche a casa, la ginnastica. Veramente fa un mix ginnico acrobatico pericoloso per lei, per gli arredi e per i soprammobili; per questo è stata iscritta in palestra. Samantha, da quel momento e per sempre Samy, si lancia nella pugna senza esitazione. Segue e si affianca alle compagne più grandi e più esperte con una forza tranquilla che sarà la sua caratteristica. Non arretra davanti alle difficoltà, risponde con prontezza alle sollecitazioni ed agli stimoli. Apprende presto, impara tanto. Ogni giorno per lei l’asticella è un po’ più alta. Ogni giorno Samy la guarda, mi guarda, poi guarda dentro di se’ con quegli occhioni sempre brillanti, e solo allora prende la rincorsa. Non sono necessari molti tentativi per superarla. La curva della sua crescita tecnica è verticale e la stabilità nelle prestazioni in allenamento e in gara sono davvero non comuni. Quanto non comuni lo dicono il palmarès ed il numero dei risultati conseguiti a tutti i livelli. Un rapporto ginnasta-allenatrice leale e solido il nostro, mai contaminato dalle occasionali asprezze e sempre alimentato dalla profondità dell’empatia. L’intesa, affinata in anni di lavoro quotidiano condiviso, è diventata un codice di comunicazione spesso limitato a sguardi e micro cenni; tanto bastava per accordarsi. La mia forza a sostegno della sua grande forza, sempre. A me che ho avuto la fortuna di trovarla, e l’onore di allenarla con il supporto di colleghe capaci e sensibili quali Donatella Paleari, Manola Rosi, Paola Dal Fratello, Manuela Agnolucci, e non sono nemmeno tutte, rimangono fiumi di ricordi inondati di tenerezza. Tra questi, alcune perle: l’entusiasmo incosciente col quale affronta la pedana nel suo primo Campionato europeo Senior (Helsinki, 1988), non ancora quindici anni, indosso un body giallo fluo per un esercizio alle clavette davvero complicato eseguito in scioltezza: “è bellissimo là”- si entusiasma quando esce dopo l’esecuzione, e tu pensi che il giovane atleta di talento ha qualcosa di immortale; la determinazione dello sguardo che mi colpisce – attraverso le lacrime che piangiamo entrambe – quando, saputo che il grave infortunio le chiude la strada olimpica per Seoul, dice “ma le prossime Olimpiadi io le faccio di sicuro”; la bellezza composta di lei sul podio del Campionato del Mondo di Atene, il pomeriggio del 13 ottobre 1991, con la sua medaglia di bronzo al collo, quando sorride, saluta il pubblico che l’onora e lascia che si vedano i sentimenti e i pensieri che la stanno colmando; l’esecuzione perfetta” della sua palla sull’adagio di Albinoni, arrivata come un dono alla fine di una lunga giornata di lavoro un fine agosto, inondata dalla luce che hanno i tramonti in questo periodo: i capelli che un po’ sfuggono dalla crocchia, i pantaloncini scuri e la maglietta da allenamento vestono un’anima e un corpo in stato di grazia che fa sembrare tutto perfetto e facile. L’esecuzione perfetta la percepiscono per prime le compagne, che si fermano a guardare, nel silenzio che amplifica ogni nota, la sequenza di movimenti che ciascuna conosce a memoria, ma che in quel momento è la forma della bellezza. Mi attraversa un’emozione forte e lunga come un’onda di risacca, che si muove ancora adesso, se richiamo alla mente l’immagine in controluce di Samantha, bellissima nella figura che dà inizio alla composizione, un istante prima del “bip”. Grazie, Samy.