Bruno Grandi ci ha lasciati. Il presidente onorario della Federazione Internazionale di Ginnastica è scomparso all’età di 85 anni, stretto tra gli affetti dei suoi cari. Se ne va, dunque, proprio nell’anno di celebrazione del 150° della FGI una colonna della nostra storia. Un dirigente sportivo che ha segnato profondamente non solo l’evoluzione delle discipline ginniche, in Italia e nel resto del Mondo, ma che è stato un autorevole protagonista sul palcoscenico sportivo nazionale e olimpico.

Forlivese d.o.c., innamorato della sua città e delle sue origini, tanto da portare di recente nella cittadina romagnola una tappa di Coppa del Mondo di Acrobatica e il Museo della Ginnastica, da lui fortemente voluto, inizia l’attività agonistica nell’ormai ultracentenaria Unione Sportiva Forti e Liberi, società che vanta talenti del calibro di Mario Smeraldi, Littorio Sampieri, Jano Ravaioli, Maurizio Montesi. In una realtà, quella di Forlì, che, ai tempi, faceva la differenza in campo femminile, seppur tra le fila dei cugini dell’Edera, con le sorelle Cicognani, Rossella e Miranda, Gabriella Santarelli, Wanda Soprani (ben quattro delle sei azzurre ai Giochi di Roma del 1960 erano concittadine di Grandi) in una sana rivalità allora molto accesa anche con la Virtus di Bologna, la Panaro Modena, la Patria di Carpi, e la Persicetana di S.Giovanni in Persiceto.

Appesi i paracalli al chiodo, dopo una carriera con qualche exploit a livello giovanile che lo portò a sfiorare la Nazionale maggiore, intraprese il percorso da tecnico, studiando però anche da giudice internazionale. DTN della Sezione maschile dal 1969 al 1977 in un periodo di transizione dopo il grande ciclo di Franco Menichelli e compagni, crebbe una nuova generazione di atleti che ancora oggi vengono ricordati come “i ragazzi di Grandi”: ricordiamo tra gli altri Montesi, Cesare Marchetti, Aquilino Santoro, Maurizio Milanetto, Angelo Zucca, Giantomassi, Lampronti, fino a Fulvio Vailati, Roberto Pallotti, Carmine Luppino e Luigi Coppa. Se i suoi predecessori alla Direzione Tecnica – Giorgio Zampori e Livio Urbani – si concentrarono in particolare sulle squadre nazionali, Bruno tentò di introdurre un metodo di lavoro da estendere all’intero movimento di base, non solo al vertice. Guidò la Nazionale Italiana in due edizioni olimpiche rimaste, per motivi molto diversi, nell’immaginario collettivo: Monaco’72 e Montreal’76, vivendo in prima persona sia il terribile attacco terroristico dell’organizzazione palestinese Settembre Nero, in Germania, sia il meraviglioso “Perfect 10” di Nadia Comaneci, in Canada.

Il 19 marzo del 1977 viene eletto presidente della Federazione Ginnastica d’Italia, che guiderà fino al 2000, traghettando di fatto la decana delle Federazioni Sportive nel terzo millennio. La sua presidenza resterà per sempre e indissolubilmente legata ai grandi successi di Jury Chechi, grazie al quale vincerà la sua unica medaglia a cinque cerchi in 23 anni di presidenza: l’oro agli anelli di Atlanta 1996. Per sua stessa ammissione però sarà tutta la squadra azzurra di allora a rimanergli nel cuore. Un gruppo che vinse meno di quanto meritasse, composto da Gianmatteo Centazzo, Boris Preti, Paolo Bucci, Ruggero Rossato e dal Signore degli Anelli. Le Universiadi di Buffalo, i Giochi del Mediterraneo in Francia, sempre nel 1993 e le tre qualificazioni consecutive a Seoul, Barcellona e Atlanta, pur non rappresentando risultati eclatanti, fecero comunque clamore, entrando di fatto nel mito, insieme al 25° Presidente federale. Il 5° posto ai Giochi in Spagna, malgrado l’infortunio al tendine d’Achille di Chechi, pochi giorni prima della partenza, con l’inserimento di Alessandro Viligiardi, Gabriele Sala e Marcello Barbieri, fu davvero incredibile. Nel 1979, ai Mondiali di Fort Worth, in Texas, rimase leggendaria la sua decisione di ritirare la squadra e l’intera delegazione italiana per i punteggi della Femminile, che, secondo lui, non corrispondevano a quanto fatto in pedana dalle nostre ragazze. Un gesto di protesta plateale che portò, successivamente, alla possibilità di presentare i ricorsi, allora non ammessi durante le gare.

Nel luglio del 1996 diviene Presidente della Federazione Mondiale, succedendo ad un mito come Jury Titov, che l’aveva guidata per venti anni, dal 1977. Bruno Grandi farà altrettanto, lasciando il testimone a Morinari Watanabe nel congresso di Tokyo del 2016. Tante le battaglie che hanno caratterizzato la sua lunga permanenza a Losanna, alcune vinte, altre no. Dal tentativo di rendere più oggettivi i giudizi nella ritmica attraverso l’istituzione di una giuria neutra internazionale, alla lotta ai conflitti d’interesse nei corpi giudicanti, con il divieto di legami parentali o economici tra giudici e atleti. Volle poi modificare lo statuto affinché le commissioni tecniche non fossero elette ma nominate, in modo da evitare i vincoli di mandato tipici dei soggetti politici. Quindi più competenza e meno rappresentanza. Portò a 16 l’età minima delle ginnaste senior, per evitare il fenomeno delle atlete bambine e per combattere camuffamenti e falsi passaporti. Fra il 1998 ed il 1999 ricoprì il delicato incarico di presidente reggente del Coni, durante la fase di transizione dalla presidenza Pescante a quella Petrucci. Erano anni difficili, tra il declino dell’era del Totocalcio e la riforma Melandri. Membro italiano del CIO dal 2000 al 2004, Commendatore della Repubblica, Collare d’oro al merito sportivo e insignito dell’Ordine del merito sportivo dal Presidente della Repubblica Rumena, del Flambeaux d’Or dal Panathlon International e della Guirlande D’Honneur dalla FICTS, Bruno Grandi è sempre stato, soprattutto, “il Professore”, e non solo per la sua attività di insegnate di educazione fisica. Ricevette la laurea honoris causa dall’Università di Scienze Motorie di Sofia nel 1998, è stato docente di teoria e metodologia dell’Allenamento presso l’ISEF di Urbino ed è autore di molte pubblicazioni sulla didattica della ginnastica.

In un curriculum del genere rischiano addirittura di passare in secondo piano i trascorsi alla vicepresidenza dell’UEG o quelli come membro di Giunta Coni, la presidenza della Fondazione “Artemio Franchi” o la lunga militanza nella Fondazione “Giulio Onesti”. Arresosi alla malattia che fino all’ultimo non è riuscita a domare il suo carattere fumantino e al tempo stesso generoso, capace di inalberarsi e commuoversi nell’intervallo di pochi minuti, parlando di gare o di regolamenti, lascia l’amata moglie, Franca Piccolomini, i tre figli, Fabrizia, Fabio e Massino, uno stuolo di splendidi nipoti e un vuoto incolmabile tra tutti coloro che hanno avuto la fortuna di conoscerlo e di lavorarci insieme. Il Presidente FGI Gherardo Tecchi e l’intero Consiglio Direttivo Federale si sono stretti al cordoglio della famiglia, nel portare l’ideale abbraccio di tutto l’ambiente della Ginnastica e dello Sport italiano. Da oggi orfano di uno dei suoi più luminosi ed illuminati rappresentanti, capace di lasciare una firma indelebile tra la polvere di magnesio. Grazie prof.!

Via|Ufficio Stampa FGI